LA DEITÀ

  

Col massimo rispetto e con santo timore ci avviciniamo al tema della Deità. Come ci sono diverse religioni, così troviamo diverse idee e dottrine riguardanti Dio. In questo esposto, desideriamo mettere in rilievo la rivelazione che Dio dà di Sé e che Lui stesso renda testimonianza di Sé.

Lasceremo da parte le varie formulazioni, perché non si può far comprendere qualcosa di incomprensibile né si può spiegare qualcosa di inspiegabile, così come non si può capire qualcosa che va al di là della comprensione umana e che rimarrà inconcepibile fino al passaggio nell’Eternità. Già in quel tempo, il re Salomone disse: “Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non ti posson contenere” (2 Cron. 6:18). Soltanto quando noi stessi saremo presso Dio, nell’Eternità, avremo una maggiore conoscenza sul mistero dell’Onnipotente.

Quasi tutti gli apologisti hanno ripreso il modo di pensare adottato in seguito alla discussione riguardante la Deità — poi così insegnata — avvenuta dopo il IV secolo d.C. È incomprensibile il fatto che, in tutto ciò, non si sia tenuto conto né dell’Antico né del Nuovo Testamento. Nessun profeta e nessun apostolo ha mai formulato una trinità. Nel paganesimo c’erano molte trinità; la più conosciuta si trova nell’Induismo: Brahma, il creatore — Visnù, il conservatore e «salvatore» — Siva, il distruttore o signore del dissolvimento delle forme. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, non si parla di un Dio in più Persone. Il Signore non si presenta nella Sua Parola come un “Dio in tre Persone”, ma come il Dio personale. Chi cerca di dividere Dio non ha più l’unico vero Dio, ma si è fatto un dio con due o tre facce, cioè più dèi.

Negli ultimi anni, particolarmente nei congressi ecclesiastici della Chiesa riformata, delle teologhe femministe hanno chiesto la parola. Si sono presentate con dei discorsi su Dio, a dire il vero, blasfemi. In essi si contesta il fatto che si parla di Dio al maschile e non al femminile; si parla del «Dio maschile della Bibbia», dei «Dieci Comandamenti scritti solo per uomini» e si dichiara che, «siccome le donne non hanno membro virile che si possa circoncidere, non potevano neanche essere ‹membro› della comunità di culto ebraico» (Idea Spektrum, luglio 1987, pag. 17). È semplicemente spaventevole vedere fino a che punto la gente possa lasciarsi trasportare e arrivare ad offendere Dio.

Circa 4000 anni fa, Dio concluse un patto con Abrahamo e gli diede la promessa: “In te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Gen. 12:3). Abrahamo è una figura di fondamentale importanza, sia per gli Ebrei sia per i Cristiani ed i Musulmani. Nel tempo di Mosè, dunque circa 3600 anni fa, il Signore Dio scese sul monte Sinai e diede i Dieci Comandamenti, avvenimento incontrastato anche dalle tre religioni sopraccitate. Da quel momento, Israele fu destinato a rendere testimonianza dell’unico vero Dio in mezzo a tutti i popoli pagani.

Circa 2000 anni fa apparve il Messia, generato dallo Spirito Santo e nato dalla vergine Maria, secondo la promessa data nel capitolo 3 della Genesi: “E io porrò inimicizia fra te e la donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie (Cristo) ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno” (Gen. 3:15); di questo i Cristiani ne sono convinti. I Musulmani riconoscono Gesù come il più grande dei profeti, credono nei miracoli che ha operato, ma non Lo considerano il Redentore. Per gli Ebrei, è imminente il tempo in cui crederanno in Lui: come i fratelli di Giuseppe riconobbero il loro fratello soltanto la seconda volta, così anche Israele riconoscerà il Messia quando verrà da loro per la seconda volta (Gen. 45:1-15; Atti 7:13).

Circa 1.400 anni fa, entrò in scena Maometto, per portare il suo popolo dal culto degli dèi alla fede nell’unico vero Dio, l’Onnipotente, che egli chiamò Allah. Maometto credeva di essere l’ultimo profeta secondo la promessa contenuta nel capitolo 4 del libro del profeta Malachia, versetto 5. Secondo Maometto, il giudizio sarebbe dovuto venire sulla terra e Allah avrebbe dovuto pronunciare la sentenza sull’umanità, secondo cui gli uni sarebbero andati in paradiso, gli altri in perdizione. Benché siano passati 1.400 anni da allora, questo avvenimento non si è ancora verificato. Ne è risultata però una dottrina religiosa che si oppone drasticamente al Cristianesimo e all’Ebraismo. Questa non era l’intenzione originale. Nel Corano ci sono molte esortazioni che incitano a leggere e a credere la Sacra Scrittura — e con ciò, Maometto si riferiva alla Sacra Bibbia! Tuttavia oggi queste esortazioni non vengono osservate da nessun musulmano.

La cosa determinante è la giusta conoscenza di Dio e la giusta comprensione della rivelazione che Egli dà di Sé stesso. Solo così possiamo essere inclusi nel piano di Dio. Per quanto concerne la rivelazione personale di Dio, la maggior parte degli Ebrei non l’ha riconosciuta, i Cristiani l’hanno in prevalenza interpretata male e i Musulmani non l’hanno capita. Questo può essere dimostrato in modo convincente: se lo stesso Dio, che aveva parlato ad Abrahamo, a Mosè e mediante Cristo, avesse parlato anche a Maometto, tutto ciò che è stato detto, scritto e creduto dovrebbe concordare. Quali persone del XX secolo dovremmo però avere il diritto di sapere chi ha afferrato la Parola e il piano di Dio e chi invece li ha fraintesi. L’obiettivo originale di Dio con l’umanità, non è più conosciuto nelle religioni odierne. Parimenti il senso e lo scopo delle diverse rivelazioni di Dio, compresa la rivelazione di Sé stesso in Cristo, non sono stati né riconosciuti né compresi dalla stragrande maggioranza.

Nel testo originale, la parola Elohim è stata tradotta in italiano con «Dio». “Nel principio Iddio creò i cieli e la terra” (Gen. 1:1). La parola Dio ci presenta l’Onnipotente come «oggetto di adorazione». Nel primo capitolo della Sacra Bibbia si parla soltanto di Elohim. Dal versetto 4 del capitolo 2 della Genesi, leggiamo del «Signore Dio», ossia dell’«Eterno Iddio» (Elohim–Yahweh). I singoli appellativi esprimono il rispettivo modo e il relativo significato della rivelazione di Dio. Si tratta della molteplicità dei Suoi attributi. La parola Elohim stessa è al singolare, ma esprime una pluralità, perché Dio è: Creatore, Preservatore, Giudice, Re, e così via.

Quando sta scritta nel testo originale la parola Elohim, Elah o El, si riferisce sempre a Dio. Dipende semplicemente dall’attributo in cui Dio parla e si rivela. Furono usati i seguenti appellativi: El–Elyon (Dio Altissimo — Gen. 14:18); El–Shaddai (l’Iddio che è sufficiente per i bisogni del Suo popolo — Gen. 17:1); El–Olam (l’Iddio che dura in eterno — Gen. 21:33) e El–Gibbor (Dio potente — Is. 9:5). Purtroppo i termini ebraici non sono stati ripresi dai traduttori della Sacra Bibbia, per questa ragione la vera conoscenza di Dio è diventata più difficile, poiché il significato che sta nel Nome stesso, non è più palese.

La parola Elohim venne usata dai patriarchi per indicare Dio fino al tempo della legislazione. È solo a Mosè, e non prima, che Dio disse: “Io sono Yahweh, e apparii ad Abrahamo, ad Isacco e a Giacobbe, come El–Shaddai; ma non fui conosciuto da loro sotto il mio nome di Elohim–Yahweh” (Es. 6:2-3). La conclusione del Patto con il popolo d’Israele era imminente e, con queste parole, il Signore Dio rivelò il proprio Nome del Patto, cioè il Nome Yahweh che, in ebraico, viene scritto YHWH. Dovunque leggiamo nell’intero Antico Testamento il Signore Iddio, nel testo originale sta scritto Elohim–Yahweh. Yahweh è la forma visibile di Elohim.

Come Elohim viene espresso nella Sua molteplicità, così avviene anche col Nome Yahweh: Yahweh–Jireh (il Signore provvederà — Gen. 22:7-14); Yahweh–Rapha (il Signore che guarisce — Es. 15:26); Yahweh–Nissi (il Signore è la nostra bandiera — Es.17:8-15); Yahweh–Raah (il Signore è il mio Pastore — Salmo 23:1); Yahweh–Shalom (il Signore nostra pace — Giud. 6:24); Yahweh– Tsidkenu (il Signore nostra giustizia — Ger. 23:6); Yahweh–Shammah (il Signore è presente — Ez. 48:35); Yahweh–Sabaoth (il Signore degli eserciti — 1 Sam. 1:3). Fin dal principio Dio si rivelò quale Signore, a seconda della necessità e conformemente alla Sua volontà.

Prima che il Signore Dio facesse conoscere il Suo Nome, fece sapere a Mosè chi Egli era: “IO SONO COLUI CHE SONO”. Poi disse: “Dirai così ai figliuoli d’Israele: L’IO SONO m’ha mandato da voi… Tale è il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le generazioni” (Es. 3:14-15). Il concetto «IO SONO» è incluso nel Nome Yahweh come «Colui che esiste ab eterno» o «Colui che esiste di per Sé stesso». Comunque sia, Egli è sempre l’«IO SONO» indipendentemente da come, da dove e da quando si fa conoscere. Anche se esce dalla Sua forma spirituale per entrare nella forma corporale, quando porta il Nome del Patto del Nuovo Testamento Yahshua (Gesù), che significa «Yahweh salva» o «Yahweh Salvatore», rimane ugualmente l’«IO SONO>». L’«IO SONO» viene descritto così fino all’ultimo capitolo del Nuovo Testamento: “IO SONO l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine” (Apoc. 22:13).

Solo chi riconosce il modo in cui Dio si rivela nell’Antico Testamento ha la possibilità di vedere questa rivelazione anche nel Nuovo. In fin dei conti è sempre lo stesso Dio e Signore, con la differenza che, nell’Antico Testamento, apparve in modo visibile in un corpo spirituale, mentre nel Nuovo, si manifestò in un corpo di carne.

Nella Sua essenza Dio è Spirito (Giov. 4:24). Nessuno ha mai visto Dio quale Spirito (Giov. 1:18; 1 Giov. 4:2), per questo viene chiamato il «Dio invisibile» (1 Tim. 1:17, 6:16). Chi vedeva Dio nell’Antico Testamento Lo vedeva quale l’Eterno, quale Yahweh; chi vuole vedere Dio nel Nuovo Testamento Lo deve vedere quale «Signore», cioè Emmanuele, «Dio con noi». Il Padre dunque si rivelò in un corpo umano nel Figliuolo — Dio, lo Spirito, quale Signore. Tutti gli appellativi che si riferiscono a Dio, sono stati riferiti anche al Signore.

Nell’Antico Testamento non c’era ancora il rapporto Padre Figliuolo, ma era soltanto stato predetto nelle profezie. Nessun profeta indirizzò la parola a Dio dicendo: “Padre celeste…”; per tutto il periodo dei quattromila anni dell’Antico Testamento, nessuno si rivolse al Figliuolo di Dio. Non ci fu una sola conversazione tra il Padre e il Figliuolo, perché questo rapporto non esisteva ancora. Il popolo d’Israele aveva una relazione con il Signore Dio ed è a Lui solo che essi si rivolgevano.

Già nel primo capitolo della Genesi, versetto 27, cioè nel principio, alla creazione, vediamo che il Dio invisibile si manifestò in duplice modo: l’unico vero Dio si presentò subito in modo visibile sotto forma di uomo e quale Spirito, perciò sta scritto: “E Dio creò l’uomo a sua immagine” e: “Lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”. Per questo non sarebbe venuto in mente a nessuno di parlare di più Persone. Se vogliamo accettarlo, abbiamo subito presente il modo in cui Dio rivelò Sé stesso fin dal principio. Le molteplici forme di apparizione di Dio nell’Antico Testamento vengono chiamate, nella terminologia biblica, teofania. Nel Nuovo Testamento Dio prende forma umana.


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