LE
PRETESE INFONDATE DEI PAPI
La Chiesa
cattolica romana, come già esposto, ebbe origine circa 1.600, e non 2.000 anni
fa, come si pensa, non ci sorprende dunque il fatto che né le sue dottrine
né le sue pratiche concordino con
quelle della Chiesa primitiva. Alcune dottrine fondamentali come il battesimo,
la Comunione, e così via, sono rimaste in seno alla Chiesa cattolica, ma hanno
un significato completamente diverso e non vengono praticate nello stesso modo
come nel Cristianesimo primitivo.
La Sacra
Bibbia non ci parla di papi, né di un «successore di Pietro», né di un «vicario
di Cristo» e tanto meno di una «successione apostolica». Per giustificare
delle pretese completamente arbitrarie, si è fatta violenza a certi passi
biblici, in particolare alle parole di Gesù scritte nel capitolo 16 del Vangelo
di Matteo: “Tu sei Pietro (petros), e su questa pietra (petra) edificherò la mia
Chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno vincere” (Mat. 16:18). Il
Signore non disse a Pietro: “… su te edificherò la mia Chiesa…”, ma:
“… su questa pietra…”. La
parola «petros» significa pietra,
però la Chiesa di Cristo doveva essere edificata sulla roccia
— «petra».
Chi vuole
conoscere la verità più approfonditamente può leggere i diversi passi del
testo greco dell’Antico e del Nuovo Testamento, dove si parla di una roccia (petra).
Il fatto che il Signore del cielo abbia fondato la Sua Chiesa su un uomo, fosse
egli il più grande profeta o apostolo, è semplicemente assurdo. Pietro era una
pietra (petros) movibile, non una roccia (petra) irremovibile. Solo cinque
versetti dopo, il Signore, rivolto a lui, disse: “Vattene
via da me, Satana; tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio,
ma delle cose degli uomini” (Mat. 16:23).
L’apostolo
Pietro aveva appena ricevuto la rivelazione riguardante Cristo e su questa rivelazione
di Gesù Cristo venne fondata la Chiesa di Cristo. Prima del versetto 18, si
deve leggere il versetto 17: “E Gesù,
replicando, gli disse: Tu sei beato, o Simone, figliuol di Giona, perché non la
carne e il sangue t’hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli”.
Pietro aveva ricevuto una rivelazione celeste riguardo a Gesù Cristo,
rivelazione che egli espresse nel versetto 16: “Simon Pietro, rispondendo, disse: Tu sei il Cristo, il Figliuol
dell’Iddio vivente”. Il Signore aveva chiesto: “E voi, chi dite ch’io sia?”. La risposta era una rivelazione
celeste ed è su questa rivelazione di Gesù
Cristo che la vera Chiesa di Cristo è fondata.
Anche il
versetto 19 del capitolo 16 dell’Evangelo di Matteo che dice: “Io
ti darò le chiavi del regno dei cieli…” è stato interpretato a proprio
piacimento. Giovanni il Battista predicava: “Ravvedetevi,
poiché il regno dei cieli è vicino” (Mat. 3:2). Si legge riguardo al
nostro Signore: “Da quel tempo Gesù
cominciò a predicare e a dire: Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è
vicino” (Mat. 4:17). Nell’Evangelo di Luca ci viene mostrato il
contesto: “La legge ed i profeti hanno
durato fino a Giovanni; da quel tempo è annunziata la buona novella del regno
di Dio…” (Luca 16:16).
Il giorno
di Pentecoste, i primi uomini entrarono con forza nel Regno di Dio e furono più
privilegiati di Giovanni Battista, che l’aveva soltanto annunciato: “In
verità io vi dico, che fra i nati di donna non è sorto alcuno maggiore di
Giovanni Battista; però il minimo nel regno dei cieli è maggiore di lui. Or
dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regno dei cieli è preso a forza
ed i violenti se ne impadroniscono” (Mat. 11:11-12). A Pentecoste,
l’apostolo Pietro, rivestito di autorità divina, usò in modo giusto le
chiavi del Regno dei cieli. Già dal principio l’apostolo Pietro diede alla
Chiesa del Nuovo Testamento gli insegnamenti che sarebbero rimasti validi per
sempre.
Il simbolo
delle chiavi è molto semplice da capire. Chi possiede le chiavi di una casa può
entrare in essa, chi ha quelle di un’automobile può guidarla. Chi possiede le
chiavi del Regno dei cieli ha accesso al Regno di Dio, apre le cose che erano
prima chiuse e rivela ciò che era nascosto. In virtù di una chiamata divina al
ministerio, tutto venne stabilito in modo vincolante per il periodo di tempo
della Chiesa di Cristo del Nuovo Testamento e non deve essere cambiato.
Il Signore
fece un serio rimprovero ai capi religiosi di quel tempo: “Guai
a voi, dottori della legge, poiché avete tolto la chiave della scienza! Voi
stessi non siete entrati, ed avete impedito quelli che entravano” (Luca
11:52). Non potremmo oggi trovarci nella stessa situazione?
Anche ciò
che Gesù disse all’apostolo Pietro: “…
e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò
che avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli” (Mat. 16:19) è stato
completamente frainteso e usato in modo sbagliato. Quel che l’apostolo Pietro
dichiarò essere valido alla fondazione della Chiesa di Cristo, cioè
ravvedimento, battesimo in acqua e battesimo dello Spirito Santo (Atti 2:38),
venne dichiarato sotto la guida dello Spirito Santo, per questo vale nel cielo
esattamente come sulla terra. Con la predicazione dell’Evangelo, l’apostolo
Pietro aperse agli uditori le porte del Regno dei cieli. Questo è il
significato vero e proprio delle chiavi.
Questa
autorità divina non era limitata all’apostolo Pietro, che parlò nell’ora
della nascita della Chiesa neotestamentaria, annunciando così le prescrizioni
riguardanti l’insegnamento, ma è stata trasmessa all’intera Chiesa di
Cristo. Ciò risulta chiaramente dall’Evangelo di Matteo, dove le stesse
parole sono scritte al plurale: “Io vi dico in verità che
tutte le cose che avrete legate sulla
terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete
sciolte sulla terra, saranno sciolte nel cielo” (Mat. 18:18). Vediamo
dunque che la stessa autorità ricevuta dall’uomo della prima ora, per
stabilire in modo definitivo le dottrine, è stata conferita alla Chiesa del Dio
vivente che deve proclamare le stesse dottrine. Questa autorità dunque non è
per un solo uomo, ma viene conferita all’intera Chiesa di Cristo. Tuttavia,
questa non deve essere usata arbitrariamente, ma in armonia con la Parola di
Dio. Ciò vale anche per esaminare e risolvere i contrasti personali tra due
credenti; se il credente in difetto non dà ascolto a quello che la Chiesa di
Cristo ha deciso in base alla Parola di Dio, viene considerato come incredulo (Mat.
18:15-17). Si adempie poi ciò che sta scritto nel versetto seguente: “Ed anche in verità vi dico: Se due di voi sulla terra s’accordano a
domandare una cosa qualsiasi, quella sarà loro concessa dal Padre mio che è
nei cieli” (Mat. 18:19).
Si deve
dare un chiarimento anche riguardo alle parole riportate nel capitolo 20
dell’Evangelo di Giovanni. Il Signore parlò agli apostoli dicendo: “Pace
a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi. E detto questo, soffiò
su loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno
rimessi; a chi li riterrete, saranno ritenuti” (Giov. 20:21-22). Anche
questo passo della Sacra Scrittura è stato frainteso e interpretato in modo non
biblico da parte della Chiesa romana. Perdonare i peccati non è compentenza di
nessun uomo, essi ci vengono perdonati da Dio stesso: “Chi
può rimettere i peccati, se non uno solo, cioè Dio?” (Marco 2:7).
Durante una predicazione, per mezzo della fede in Cristo e nell’opera di
redenzione da Lui compiuta, delle persone ricevono la certezza che Dio le ha
perdonate. È evidente che nessun uomo può perdonare i peccati a sé stesso o
ad altri, anzi la Sacra Bibbia dice chiaramente: “… e
che nel suo nome si predicherebbe ravvedimento e remission dei peccati a tutte
le genti…” (Luca 24:47). “E
voi, che eravate morti nei falli e nella incirconcisione della vostra carne,
voi, dico, Egli ha vivificati con lui, avendoci perdonato tutti i falli…”
(Col. 2:13).
Cosa
significa allora la seguente dichiarazione formulata al plurale (Giov. 20:23): “A
chi rimetterete i peccati saranno rimessi…”? A chi è stata rivolta e in
quale circostanza è stata fatta? È stata inequivocabilmente indirizzata agli
apostoli dopo la risurrezione del nostro Signore e, precisamente, in connessione
con il loro mandato. Questo versetto si riferisce al peccato commesso contro un
predicatore dell’Evangelo mandato da Dio stesso. Quando il Signore svolgeva il
Suo ministerio, molti peccarono contro di Lui, trattandoLo da Beelzebub, ma Egli
disse: “Perciò io vi dico: Ogni
peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo
Spirito Santo non sarà perdonata. Ed a chiunque parli contro il Figliuol
dell’uomo, sarà perdonato; ma a chiunque parli contro lo Spirito Santo, non
sarà perdonato né in questo mondo né in quello avvenire” (Mat.
12:31-32). Ciò concerne dunque gli uomini che, fin dalla discesa dello Spirito
Santo, svolgono un ministerio da parte di Dio in virtù di una chiamata divina.
Se
qualcuno oltraggia un servitore mandato da Dio, lo perseguita e lo lapida,
l’oltraggiato stesso può perdonargli il peccato. Il Signore Gesù stesso ci
diede un esempio, quando disse: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Luca
23:34). Quando Stefano venne lapidato, esclamò pregando: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito… Signore, non imputar loro
questo peccato” (Atti 7:59-60). Se qualcuno pecca però contro l’azione
dello Spirito Santo, che opera tramite i doni dello Spirito attraverso un
messaggero di Dio, oltraggiando quest’ultimo, commette un peccato
imperdonabile che viene ritenuto. Anche un uomo di Dio può perdonare soltanto
colui che si è reso colpevole di qualcosa verso di lui, come viene espresso nel
Padre nostro: “E rimettici i nostri
debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori” (Mat. 6:12).
“E quando vi mettete a pregare, se
avete qualcosa contro a qualcuno, perdonate; affinché il Padre vostro che è
nei cieli, vi perdoni i vostri falli” (Marco 11:25). Se uno si è reso
colpevole di qualcosa verso l’altro, fosse anche fino a settanta volte sette,
ci si deve perdonare reciprocamente (Mat. 18:21-35).
Se
qualcuno oltraggia un vero servo di Dio, questo può essere perdonato, ma se è
lo Spirito Santo ad operare attraverso l’uomo, e qualcuno oltraggia ciò che
avviene tramite l’azione dello Spirito, questo non riguarda più l’uomo che
Dio sta usando, ma lo Spirito Santo contro il Quale è rivolto l’oltraggio.
L’uomo oltraggiatore è reo davanti a Dio e ha commesso il peccato contro lo
Spirito Santo, che non potrà essere perdonato e che sarà ritenuto. Questo è “il
peccato che mena a morte”, ed è l’essere per sempre separati da Dio (1
Giov. 5:16). Del resto, davanti a Dio ogni uomo è colpevole e riceve il perdono
delle sue trasgressioni e dei suoi peccati da Colui che è l’unico che può
perdonare i peccati: “Egli è quel che
ti perdona tutte le tue iniquità…” (Salmo 103:3). “Beati
quelli le cui iniquità son perdonate, e i cui peccati sono coperti” (Rom.
4:7).
La pratica
della Chiesa cattolica non è biblica. Le persone vengono proclamate beate e,
durante tutta la loro vita, vengono perdonati i loro peccati. Dopo la morte, il
defunto munito di tutti i sacramenti, compreso quello dell’estrema unzione,
finisce nel purgatorio per essere purgato dai peccati che gli sono stati
perdonati durante tutta la vita! Che paradosso! Del resto, il purgatorio, come
le altre dottrine e gli altri dogmi, è solamente un’invenzione.
Il
riformatore svizzero, Ulrico Zwingli, disse in merito: «Di
conseguenza il purgatorio — è così
che si usa chiamarlo, cioè questa falsa espiazione nel fuoco — non
può essere documentato con nessuna parte della Parola di Dio, come si spiega
che siamo così sciocchi da prestare fede a tali chiacchiere insipide e
sospette? Vediamo però che le stesse persone che difendono il purgatorio e ci
insegnano come lo si dovrebbe spegnere, nel contempo, offrono sé stesse come
pompieri. Dicono: Tu devi dare soldi; ciò facendo il fuoco si lascia spegnere
al più presto, se colui che li prende legge bravamente delle messe, prega e
canta dei Salmi. Così essi leggono le messe e, nello stesso tempo, tendono la
mano verso i soldi…» (Zwingli
Hauptschriften, Der Theologe, Parte II, pagg. 193–194).
Fin dalla
nascita della Chiesa cattolica, sono state introdotte, insegnate e proclamate
quali dogmi tante cose che non hanno nulla a che vedere con il Cristianesimo
primitivo. I credenti, in quel tempo, non conoscevano né i ceri, né
l’incenso, né l’acqua santa. Si può dire la stessa cosa per quanto
riguarda la beatificazione e la canonizzazione dei defunti e la loro
venerazione. Non c’era il sacrificio quotidiano della messa, né
l’invocazione della «Madre di Dio», né tantomeno i monasteri. Tra le
diverse proclamazioni che menzionerò più avanti, sono comprese la
dichiarazione dell’Infallibilità
papale promulgata nell’anno 1870, malgrado la forte resistenza proveniente
dall’interno della Chiesa cattolica stessa (in Germania 79 teologi erano
contrari e solamente 25 favorevoli!), e quella del dogma dell’Assunzione
emanato nel 1950 secondo cui Maria venne elevata corpo e anima alla gloria
celeste. Tutte queste cose mancano di qualsiasi fondamento biblico; sta scritto
nella Sacra Scrittura: “E nessuno
è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figliuol
dell’uomo che è nel cielo” (Giov. 3:13).
Questa
proclamazione di papa Pio XII deve essere considerata anticristo, perché è in
contrasto con la dichiarazione di Gesù stesso. Fu nel 431 d.C., al Concilio di
Efeso, che Maria venne dichiarata «Madre di Dio»; poi si iniziò a darle i più
svariati titoli come «Madonna», «Regina del Cielo», «Mediatrice», «Soccorritrice»,
«Interceditrice», «Madre di tutte le grazie», «Madre della Chiesa», «Calpestatrice
del serpente», e così via. Molti di questi appellativi appartenenti a Cristo
sono stati riportati su Maria, di conseguenza sono anticristo. Cristo è Re,
Mediatore e Intercessore (Avvocato), Egli è Colui che ha schiacciato il capo al
serpente. Se Maria ha fatto ed è tutto ciò, allora Cristo chi è, che cosa ha
fatto?
Il
riformatore Martin Lutero ha espresso appropriamente come debbono essere
considerate le decisioni dei Concili e le proclamazioni dei papi. Le parole
pronunciate alla Dieta di Worms, il
18 aprile del 1521, sono entrate nella storia: «A
meno che mi si persuada con la Scrittura e il pieno raziocinio (l’autorità
del Papa e dei Concili io non l’accetto, perché si sono contraddetti a
vicenda), la mia coscienza è vincolata alla Parola di Dio e io non posso né
voglio sconfessare nulla: andare contro coscienza non è infatti cosa giusta né
prudente. Dio m’aiuti. Amen» (R.H. Bainton, La Riforma protestante, pag.
67). La storia stessa dimostra quanto i papi fossero fallibili: «Fino
alla fine della guerra dei Trent’anni ci furono 245 papi, tra cui 24 antipapi
e — secondo la verità storica tenuta a lungo come fiaba — una
‹papessa›. 19 papi hanno lasciato Roma, 35 hanno regnato all’estero. 8
papi hanno regnato non più di un mese, 40 un anno, 22 due anni, 54 cinque, 57
dieci, 51 quindici, 18 venti, e soltanto 10 hanno regnato più di vent’anni.
Dei 245 papi, 31 furono dichiarati usurpatori ed eretici, mentre, tra i papi
legittimi, 64 morirono di morte violenta, 18 furono avvelenati, 4 strangolati,
altri 13 morirono in differenti modi» (E. Rosenow, Wider die
Pfaffenherrschaft, Vol. I, pag. 42).
Roma, o
per meglio dire, il Vaticano, ha usurpato dell’autorità universale, autorità
che non è minimamente legittimata dalla Parola di Dio. È una potenza
“profana” sotto pio manto. La leggenda che l’apostolo Pietro sia stato a
Roma, dove avrebbe operato quale vescovo
per vent’anni, è un tentativo disperato per giustificare un’asserzione
trovata, ma estremamente importante per la Chiesa cattolica. Gli storici
riferiscono soltanto di un certo Simon Magus che impressionò il Senato Romano
con i suoi giochi di prestigio. Del resto, i viaggi missionari dell’apostolo
Paolo e dell’apostolo Pietro sono descritti così chiaramente nella Sacra
Bibbia, che non può sussistere alcuna ombra di dubbio in merito. Se
l’apostolo Pietro avesse fatto un viaggio a Roma, sarebbe stato una cosa così
sensazionale che avremmo avuto una relazione a questo proposito.
Secondo
l’epistola di Paolo ai Galati (2:9), Pietro, Giacomo e Giovanni, con Paolo e
Barnaba, fecero un accordo tramite stretta di mano, secondo cui Paolo e Barnaba
avrebbero operato tra i Gentili, cioè tra i pagani, e Pietro, Giacomo e
Giovanni, tra gli Ebrei. L’apostolo Paolo, che ha scritto ai credenti di Roma,
alla fine della sua epistola, saluta per nome ventisette persone; tra questi
nomi non figura però quello dell’apostolo Pietro. Anche nelle molte epistole
che Paolo ha scritto da Roma alle chiese e ai singoli, Pietro non è stato mai
menzionato.
Da un
esame accurato della Parola di Dio e dello sviluppo religioso, risulta evidente
che nessuna dottrina introdotta dalla Chiesa cattolica resiste ad una prova
della Sacra Bibbia. La naturalezza con cui si accetta l’autorità papale è
assolutamente incomprensibile. Nell’intera storia della Chiesa non si legge
mai che un Papa abbia ricevuto una chiamata divina, al contrario, è risaputo
che i papi vengono eletti dal Sacro Collegio dei Cardinali.
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