TRAGICO CAMBIO DI ROTTA – INIZIO DELLA TRAGEDIA

  

Fino a quando l’Evangelo rimase su territorio ebraico e, principalmente, tra le comunità ebraiche, non ci fu nessuna discussione riguardo alla Deità; solo dopo entrò nella discussione cristologica il pensiero romano, greco e pagano su dèi e dèe. La visione spirituale e profetica del fatto che, nell’Antico Testamento, era stato adombrato ciò che, nel Nuovo Testamento, si era mostrato quale realtà, andò sempre più perduta, benché Tertulliano avesse fatto notare con efficacia «che Antico e Nuovo Testamento concordano. La profezia costituisce il collegamento tra Antico e Nuovo Testamento» (F. Hauss, Väter der Christenheit, pag. 30). Il Cristianesimo, per quanto concerne l’insegnamento, venne sollevato sempre più dal fondamento ebraico e posto su base pagana, contrariamente agli apostoli e all’immediato tempo postapostolico. Si cominciò ad usare l’Antico Testamento, in collegamento con brani del Nuovo Testamento, contro gli Ebrei. Già nel II secolo d.C., capi spiritualmente ciechi e imperatori romani prepararono la via all’antiebraismo. [Il concetto antisemitismo riferito solo agli Ebrei non è corretto, poiché anche i popoli arabi sono Semiti — N.d.A.].

L’imperatore romano Costantino, un grande stratega, si servì del “Cristianesimo” ormai secolarizzato, senza allentare minimamente i suoi legami con il paganesimo. In un primo momento favorì tanto la costruzione di templi pagani quanto l’edificazione di chiese. Già nel 315 d.C. l’imperatore Costantino dichiarò quale delitto capitale la conversione all’Ebraismo. Il Cristiano convertito all’Ebraismo e l’ebreo che l’aveva convertito dovevano pagare con la morte. Nel 321 d.C. venne prescritta dalla legge l’osservanza della domenica; gli Ebrei venivano costretti, sotto comminazione di pene, a ripudiare il sabato e a “santificare” la domenica. Costantino proclamava ciò che gli raccomandavano i vescovi che, già in quel tempo, erano personaggi rispettati.

Al Concilio di Nicea, nel 325 d.C., Ario e Atanasio, le cui esposizioni sono state tramandate nella storia della Chiesa, erano gli oratori principali. È risaputo che Ario non avesse conoscenza riguardo a Cristo, mentre Atanasio testimoniò francamente «che, in Gesù, Dio stesso ci è apparso, che Dio stesso si è svelato a noi e ci ha redenti, che abbiamo in Lui il Padre stesso… che, in Gesù, il Padre stesso ci redime» (K.D. Schmidt, Grundriß der Kirchengeschichte, pag. 98).

Al tempo del Concilio di Nicea, non c’erano papi né cardinali. Da quel momento cominciò la costituzione della Chiesa di Roma. A questo proposito la storia della Chiesa è stata in parte antidatata, manipolata e addirittura falsificata. L’imperatore Costantino convocò il Concilio di Nicea e ne esercitò il patronato; il suo scopo era quello di conciliare e unire in una sola Chiesa le differenti correnti religiose e di porle al servizio dell’Impero. Ebbe luogo l’unione dello Stato e della Chiesa e nacque così la Chiesa di Stato.

Nel 380 d.C. Teodosio I e Graziano posero fine alla generale libertà di religione. Al II Concilio Ecumenico, nel 381 d.C., i vescovi sanzionarono l’editto promulgato nel febbraio del 380 dall’imperatore Teodosio, in cui egli intimava a tutti i sudditi romani l’accettazione della fede trinitaria cristiana, così come era stata formulata al Concilio di Nicea 325… La fede trinitaria, che ha per contenuto la Trinità di Dio Padre, Figliuolo e Spirito Santo, fu elevata con ciò a credo valido per tutti i Cristiani e a religione promossa dallo Stato» (B. Harenberg, Chronik der Menschheit, pag. 212). «Gregorio di Nyssa, una delle figure centrali al II Concilio Ecumenico a Costantinopoli, difese il Credo Niceno e contribuì in modo decisivo a formare la dottrina della Trinità» (B. Harenberg, Chronik der Menschheit, pag. 214). «… ogni cittadino, da allora in poi, era obbligato ad essere Cristiano ortodosso; paganesimo ed eresia erano diventati crimini contro lo Stato» (K.D. Schmidt, Grundriß der Kirchengeschichte, pag. 83).  Tutti quelli che, per motivi di coscienza, non seguivano quella imposizione e non professavano la religione di Stato, erano “bollati” quali eretici. Da quel momento cominciò la persecuzione da parte della Chiesa “cristiana” dell’Impero contro la Chiesa di Cristo — cioè quella biblica — che si atteneva ai soli insegnamenti contenuti nella Sacra Scrittura.

La Chiesa universale ebbe un forte incremento sotto il papa Leone I (440–461); questi viene designato dalla maggior parte degli storici della Chiesa quale primo Papa. Lo storico Herder elenca Leone I come il 45º Papa nella lista che contiene 264 papi fino a papa Paolo VI compreso, mettendo un punto interrogativo accanto ai primi 15 nomi del suo elenco, che comincia con Pietro. La stragrande maggioranza degli storici protestanti mette un punto interrogativo accanto ai primi 44, ma si è concordi comunque sul fatto che la storia dei papi ebbe inizio proprio con papa Leone I. Al Concilio di Calcedonia (451 d.C.), quest’ultimo dovette accontentarsi di essere messo alla pari con il vescovo di Costantinopoli. Anche in questa occasione non esisteva ancora alcuna supremazia, ma cominciava già a delinearsi.

L’istituzione Chiesa di Stato venne portata a termine sotto l’imperatore Giustiniano (527–565) che classificò i sacerdoti come funzionari dello Stato. È evidente che non era Cristo il fondatore della Chiesa universale dell’Impero, ma dei dominatori politici e religiosi interessati alla concentrazione del potere nell’intero Impero Romano. A partire dal IV e V secolo, per quanto concerne la storia della Chiesa, non abbiamo a che fare soltanto con la storia della Chiesa di Gesù Cristo e con le diverse correnti sviluppatesi fino a quel tempo, poi sfociate in quella grande Chiesa, ma soprattutto con la storia della più crudele tragedia da parte di un’istituzione mondiale “cristiano–pagana”.

I vescovi diventarono dignitari, rivestiti di potere religioso e politico. In un primo momento tutti portavano lo stesso titolo, perché si facevano considerare padri spirituali, ma poiché Roma veniva ritenuta la capitale dell’Occidente, i vescovi romani si fecero sistematicamente largo e pretesero a poco a poco di essere chiamati con diversi titoli onorifici. S’incominciò con il Pontifex Maximus, titolo che veniva portato dai grandi sacerdoti pagani e dagli imperatori nell’Impero Romano, tra i quali Costantino. Ciò che accompagnò l’errato sviluppo della Chiesa papale, bramosa di grandi considerazioni e di posizioni di forza, è assolutamente incomprensibile.«Da Bonifacio VIII (1294–1303) la fede nel Papa è addirittura necessaria per la salvezza, perché tutti gli abitanti della terra gli sono sottomessi. Così disse Gregorio VII (1073–1085) nel suo ‹Dictatus papae›: ‹Solo il Pontifex romano viene chiamato a ragione universale›» (H. Heinz, Zwischen Zeit und Ewigkeit, pag. 176). Sorse un “Cristianesimo” assoggettato alla Chiesa papale; non era più la relazione personale con Cristo ad avere valore, ma soltanto l’appartenenza a quella istituzione. L’autorità venne sempre più sistematicamente tolta a Cristo e alla Parola di Dio e trasmessa a quella istituzione e ai suoi rappresentanti. Come Cristo era il Capo della Sua Chiesa, così il Papa in carica era il capo di quella Chiesa universale.

Nella Chiesa di Stato le persone venivano costrette ad essere battezzate e, fin dalla nascita, ne diventavano membri, senza alcuna possibilità di decisione propria. Così, con la pratica di un battesimo non biblico e l’appartenenza forzata, venne posta la base per una Chiesa popolare e, tramite l’introduzione delle imposte per la Chiesa papale, il fondamento per il potere finanziario.

Parallelamente all’allontanamento progressivo dalla Parola di Dio, che cominciò abbastanza presto, ebbe luogo il distacco dall’Ebraismo e dalle comunità ebraico–cristiane. Già Giustino, vescovo di Smirne (†167 d.C.), si era espresso in maniera sfavorevole riguardo agli Ebrei. I Cristiani vennero chiamati già allora l’«Israele di Dio», gli Ebrei, invece, gli apostati e gli infedeli. Su questo, l’apostolo Paolo si era espresso diversamente: “Poiché tanto la circoncisione (gli Ebrei) che l’incirconcisione (i Gentili) non son nulla; quel che importa è l’essere una nuova creatura. E su quanti cammineranno secondo questa regola siano pace e misericordia, e così siano sull’Israele di Dio” (Gal. 6:15-16). L’apostolo Pietro aveva già esposto quanto segue riguardo a questo tema: “In verità io comprendo che Dio non ha riguardo alla qualità delle persone; ma che in qualunque nazione, chi lo teme ed opera giustamente gli è accettevole” (Atti 10:34-35).

La polemica antiebraica iniziò già molto presto il suo corso e divenne sempre più aggressiva. Il vescovo Ignazio di Antiochia (98–117 d.C.) cominciò con l’attizzare sentimenti antiebraici; ciò che alcuni rappresentanti della Chiesa di Roma avevano espresso in parole antisemitiche, già nei primi secoli, fece sì che, in quel tempo, più di un milione di Ebrei venissero “marchiati” quali assassini di Cristo e di Dio, e trucidati. La Chiesa di Roma si esentò dal comandamento: “Non uccidere!” (Es. 20:13).

Un dottore della Chiesa, Crisostomo (354–407 d.C.), uno dei peggiori nemici degli Ebrei, insegnava che: «… si deve essere in relazione con gli Ebrei così poco come con il diavolo, ‹essi non sono migliori dei porci e dei caproni› … ‹La sinagoga non è soltanto un teatro, è un bordello, un covo di briganti, un rifugio di animali impuri e una dimora del diavolo› … I Cristiani non debbono consultare nessun medico ebraico, ma ‹piuttosto morire›, allontanarsi da tutti gli Ebrei ‹come dalla peste e da un flagello dell’umanità›» (K. Deschner, Kriminalgeschichte des Christentums, pag. 134).

Cirillo (†444), patriarca di Alessandria, aveva già messo in circolazione l’idea della soluzione finale della questione ebraica, che raggiunse il suo punto culminante nel XX secolo. Cipriano e Tertulliano, Atanasio e Geronimo, Gregorio di Nyssa, Ambrosio, Agostino, Giustiniano e molti altri, incrementarono il proprio odio verso gli Ebrei, odio che si ripercosse sull’intero clero di tutti i tempi, il quale pensò di far sì che la persecuzione degli Ebrei si radicasse nella coscienza del popolo. Gli Ebrei furono resi responsabili di tutto, così che si cercò di sterminarli con tutti i mezzi possibili. Si adempiva in generale sugli Ebrei ciò che il Figliuolo dell’uomo, Gesù, aveva profetizzato ai Suoi discepoli: “Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l’ora viene che chiunque v’ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio. E questo faranno, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io v’ho dette queste cose, affinché quando sia giunta l’ora in cui avverranno, vi ricordiate che ve l’ho dette” (Giov. 16:2-4).

Difatti, gli assassini erano convinti di rendere un servizio a Dio e alla Chiesa, di tenere pulito il “Cristianesimo” trinitario dall’Ebraismo monoteistico. La persecuzione fu estesa ai veri Cristiani che si sapevano uniti a Cristo e, quindi, non potevano accettare quel sistema macchiato di sangue. Perfino lo stimato riformatore Martin Lutero non poté liberarsi completamente dall’odio verso gli Ebrei, che era penetrato anche in lui essendo un monaco vero e proprio. Si può leggere: «Nella sua ultima predica del 15 febbraio del 1546 Lutero dice riguardo ai medici ebraici, che essi prescrivono farmaci, tramite i quali qualcuno debba poi morire» (H.–J. Gamm, Das Judentum, pag. 64).

Di secolo in secolo l’odio crebbe e le formulazioni antisemitiche divennero sempre più inaudite. Vennero usate persino delle enunciazioni della Sacra Scrittura per giustificare le crudeltà commesse. Se Gesù parla degli Ebrei increduli, è una cosa; se parla degli Ebrei credenti, è un’altra.

Considerando ciò che la Chiesa di Roma ha fatto agli Ebrei, ai pagani e alla gente di altra confessione, nel voler perseguire ostinatamente il proprio scopo, questa deve permettere che le venga chiesto se ha portato salvezza o se ha causato una tragedia di tremende proporzioni. A ciò si aggiungono le guerre condotte per i propri fini. La Chiesa papale ha perseguitato, espropriato, ucciso, divenendo così, nel Medioevo, proprietaria di un terzo dell’intero territorio europeo; s’impossessò degli averi dei vivi e dei morti. Principi e re non osavano opporsi a questo modo di fare, al contrario: lo accettavano! «Rodolfo di Asburgo, nel 1286, dichiarò gli Ebrei come appartenenti al suo tesoro, persone e averi» (H.–J. Gamm, Das Judentum, pag. 84).

Le maledizioni espresse da papi, vescovi e curia, hanno creato le condizioni ideali affinché Ebrei e gente di altra confessione venissero perseguitati in tutti i tempi, senza pietà. Al Giudizio universale, verrà chiarito se la colpa della morte dei sei milioni di Ebrei trucidati in Europa durante il Terzo Reich, va attribuita soltanto al popolo tedesco o anche alla Chiesa di Roma. Ai Cattolici Hitler, Himmler e al gesuita Goebbels, il terreno era stato preparato già da molto tempo. Alcuni papi avevano già parlato della “Provvidenza” come fece Hitler, il Führer seduttore.

Chi legge ciò che sta scritto sui papi e sul loro operato rimane scosso. Ebrei e gente di altre confessioni venivano semplicemente considerati nulla. Il papa gesuita Leone XIII (1878–1903) dichiarò: «L’anatema su chi dice che lo Spirito Santo non vuole che uccidiamo gli eretici!» (E. Paris, The secret history of the Jesuits, pag. 167). Da quando lo Spirito Santo uccide? Conformemente alla testimonianza della Sacra Scrittura, “lo Spirito vivifica”. Tutti coloro che non le erano fedeli, furono considerati dalla Chiesa romana eresiarchi ed eretici e il clero si prese la libertà di liquidare quella gente. Da questo stesso punto di vista si deve considerare anche il comportamento di papa Pio XII, di fronte ai crimini contro gli Ebrei prima e durante la Seconda guerra mondiale. Non lontano dal Vaticano, era stata incendiata la sinagoga ebraica, senza che papa Pio XII dicesse una sola parola contro l’accaduto. Giovanni Paolo II si lasciò festeggiare come se fosse il Messia dagli Ebrei colpiti di cecità, i quali, mentre entrava nella sinagoga ricostruita, cantavano il Salmo 150.

Già dal primo incontro, il Signore Dio diede ad Abrahamo la promessa: “… e io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione; e benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà…” (Gen. 12:2-3). Queste parole avrebbero dovuto stare davanti agli occhi di coloro che pretendevano di credere in Dio e nella Sua Parola.

Il monoteismo rigoroso, che era esclusivamente un bene di fede ebraica, era di ostacolo al modo di pensare dei vescovi provenienti dal paganesimo che non volevano avere nulla in comune con gli Ebrei e con il loro Dio unico. La parola ebraica Mashiah (Messia) divenne così quella greca «Christos» (l’Unto); la parola ebraica Yahshua divenne quella greca «Jesous». Le formulazioni sulla Deità traevano ormai origine dal pensiero ellenico, in modo completamente estraneo per il popolo e il Dio d’Israele. Il Nuovo Testamento non conosce affatto l’antisemitismo, come vogliono far credere parecchi storici; sembra che le seguenti parole del Signore Gesù stesso siano sfuggite a tutti loro, cioè che “… la salvezza viene dai Giudei” (Giov. 4:22).

Già i profeti nell’Antico Testamento avevano profetizzato che anche le nazioni sarebbero state partecipi della salvezza di Dio: “Io, l’Eterno (Yahweh), t’ho chiamato secondo giustizia, e ti prenderò per la mano, ti custodirò e farò di te l’alleanza del popolo, la luce delle nazioni…” (Is. 42:6). “… voglio far di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra” (Is. 49:6). Il Signore fece l’inizio con gli Ebrei, quando Egli disse: “…andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele” (Mat. 10:6). Pietro fu il primo apostolo a sperimentare la conversione di un pagano: un centurione romano, chiamato Cornelio, venne salvato con tutta la sua casa (Atti cap. 10). Il Signore disse all’apostolo Paolo: “Va’, perché io ti manderò lontano, ai Gentili” (Atti 22:21). Nel Suo ordine di missione, il Signore aveva già dato però la chiara indicazione: “Andate dunque e fate diventare miei discepoli gli uomini di tutte le nazioni…” (Mat. 28:19). La Chiesa del Dio vivente è costituita da tutti i popoli, lingue e nazioni.

L’Impero Romano era presente dappertutto, così la Chiesa dell’Impero poté impiegare tutti i mezzi disponibili per conseguire il proprio scopo. In realtà non c’è mai stata una cristianizzazione, ma una cattolicizzazione. I popoli non divennero credenti in Cristo tramite la predicazione dell’Evangelo, ma furono costretti ad abbracciare la religione di Stato, cioè quella cattolica. Durante i mille anni di potere assoluto della Chiesa cattolica romana, la terra venne imbevuta di sangue. Il numero dei martiri viene valutato differentemente, ma si pensa che siano in tutto circa 68 milioni. Tutta la gente di altra confessione era “selvaggina libera”. Anche la Controriforma era macchiata di sangue, perché attuata con mezzi temporali che non avevano nulla in comune con la predicazione dell’Evangelo quale Buona Novella; venne provocata così una nuova tragedia da parte della Chiesa di Roma che al potere ecclesiastico aveva unito il potere temporale. Chi non ha mai sentito parlare dell’Inquisizione spagnola, dei processi e del supplizio delle streghe, della cacciata dei Valdesi e dei Mennoniti, della persecuzione della gente di altra confessione nell’intera Europa? Nella notte di San Bartolomeo (23–24 agosto 1572), in occasione delle cosiddette Nozze di sangue furono assassinati solo a Parigi 3.000 Ugonotti e, nell’intera Francia, più di 20.000. «Papa Gregorio XIII festeggia l’assassinio dei Protestanti francesi con un ‹Te Deum›» (B. Harenberg, Chronik der Menschheit, pag. 437).

La Chiesa di Roma apportò delle modifiche nell’insegnamento cosicché non rimase più nulla della fede primitiva, cioè della fede biblica. Il leggere la Sacra Bibbia venne vietato sotto pena. È sconvolgente il fatto che Ebrei e Cristiani, che credevano secondo le Sacre Scritture, furono mandati al rogo da questa Chiesa insieme alla Sacra Bibbia che essi leggevano. Perché la Chiesa papale deve temere tanto la Sacra Bibbia, la Parola di Dio?

 

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