LA CENA DEL SIGNORE O LA COMUNIONE

  

L’istituzione della Santa Cena, della Comunione, avvenne durante l’ultima Pasqua alla quale Gesù partecipò. Il Signore disse: “Andate in città dal tale, e ditegli: Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la pasqua da te, coi miei discepoli”. Durante quella Cena pasquale, Giuda mise la mano nel piatto con il Signore, per questo Gesù disse: >“Colui che ha messo con me la mano nel piatto, quello mi tradirà” (Mat. 26:18, 23).

L’evangelista Marco riferisce dettagliatamente l’avvenimento: “E mentre mangiavano, Gesù prese del pane; e fatta la benedizione, lo ruppe e lo diede loro e disse: Prendete, questo è il mio corpo. Poi, preso un calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. E disse loro: Questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti” (Marco 14:22-24). Nessun brano della Sacra Bibbia è stato più frainteso e mal interpretato di quello riguardante la Cena del Signore. Nel passo biblico sopraccitato, la conclusione del Nuovo Patto era imminente. Il sangue del Nuovo Patto venne versato sulla croce di Golgota, non durante quella Cena della Pasqua, quando fu istituita la Santa Cena; in quel momento, il sangue divino scorreva nelle vene del Redentore e non era nel calice. Dobbiamo considerare i passi relativi della conclusione del Patto dell’Antico Testamento, per poter capire come stanno le cose per quanto concerne la Cena del Signore e la conclusione del Patto del Nuovo Testamento.

Il Signore Dio aveva trasmesso a Mosè tutte le prescrizioni, questi le scrisse e le comunicò al popolo: “Poi (Mosè) prese il libro del patto e lo lesse in presenza del popolo, il quale disse: «Noi faremo tutto quello che l’Eterno ha detto, e ubbidiremo». Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: «Ecco il sangue del patto che l’Eterno ha fatto con voi sul fondamento di tutte queste parole»” (Es. 24:7-8).

Il popolo dell’Antico Patto sperimentò la redenzione, la liberazione e l’esodo dalla schiavitù, quando l’agnello venne immolato secondo le prescrizioni divine, la carne preparata venne mangiata e il sangue messo sui due stipiti e sull’architrave della porta per la propria protezione (Es. cap. 12). Era un segno che l’angelo sterminatore doveva rispettare e, nelle case che erano sotto la protezione del sangue, non doveva uccidere il primogenito.

Nel capitolo 12 dell’Esodo, dal versetto 1 al versetto 13, si parla dell’istituzione della Pasqua. “E quel sangue vi servirà di segno sulle case dove sarete; e quand’io vedrò il sangue passerò oltre, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi, quando percoterò il paese d’Egitto” (Es. 12:13). Tutti i primogeniti degli Israeliti vennero risparmiati, poiché il sangue dell’agnello offriva protezione davanti alla distruzione. Ciò facendo, il Patto che Dio concluse col Suo popolo divenne valido. Il versetto 14 si riferisce alla Pasqua: “Quel giorno sarà per voi un giorno di ricordanza, e lo celebrerete come una festa in onore dell’Eterno”; una ricordanza della salvezza, dell’esodo e della protezione che Dio aveva donato al Suo popolo.

Due cose sono da notare: la prima è che questo sangue versato rese valido il Patto per il popolo d’Israele e salvò la vita ai redenti; la seconda, che venne istituita la festa quale ricordanza della salvezza e dell’esodo. Queste due cose vengono confermate anche nella Cena del Signore del Nuovo Testamento.

I redenti dovettero prima dichiararsi pronti a seguire tutte le parole di Dio e a metterle in pratica; solo dopo, Mosè asperse il popolo con il sangue quale segno visibile che questa raunanza redenta stava sotto la protezione del sangue. Israele doveva festeggiare la Pasqua quale ricordanza.

Nell’Evangelo di Luca, il Signore dice: “Ho grandemente desiderato di mangiar questa pasqua con voi, prima ch’io soffra… Poi, avendo preso del pane, rese grazie, e lo ruppe e lo diede loro, dicendo: Questo è il mio corpo il quale è dato per voi: fate questo in memoria di me” (Luca 22:15, 19). Alla Cena del Signore, i credenti del Nuovo Testamento pensano alla redenzione compiuta tramite il sangue del Nuovo Patto versato per il popolo del Nuovo Patto. Il Signore ha simbolicamente rappresentato ciò che stava per adempiersi. Il pane che ruppe era stato preparato per la Pasqua e quindi senza lievito; il vino, che diede da bere dal calice ai Suoi discepoli, proveniva dalla vite. Secondo l’evangelista Matteo, il Signore disse: “Io vi dico che d’ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio” (Mat. 26:29). Come il pane viene rotto in modo visibile, anche il corpo di Gesù è stato colpito, martoriato e crocifisso in modo visibile. Come è certo che il vino è nel calice, così è certo che il sangue dell’Agnello di Dio è scorso per il perdono dei nostri peccati.

Non fu il pane — che venne rotto e mangiato — a soffrire, ma il Signore che prese tutto su di Sé nella carne e sofferse per l’intera umanità. Il vino non fu cambiato né versato, ma i presenti alla Cena lo bevvero. Il sangue santo del nostro Redentore venne versato e, con esso, Egli stesso, quale Sommo Sacerdote, “è entrato una volta per sempre nel santuario (celeste), avendo acquistata una redenzione eterna”. “… quanto più il sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto Sé stesso puro d’ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente!” (Ebrei 9:12, 14).

La Sacra Bibbia non parla di una conversione del pane e del vino, quindi se il Signore Gesù, mentre tiene il pane in mano, dice: “Questo è il mio corpo…”, è questo, non è necessario prima convertirlo tramite un rito particolare; se il Signore dice: “Questo è il mio sangue…”, è questo. Poiché Gesù non diede ai Suoi il sangue e la carne del Suo corpo terreno, è più che ovvio che si tratta di una rappresentazione simbolica.

Naturalmente Cristo non si sacrifica ogni volta durante la Comunione per i vivi o addirittura per i morti e, l’ostia non diventa il Signore stesso, che la gente poi mangia. Il solo pensarlo dà un senso di ribrezzo! Tutto questo è in contraddizione con l’insegnamento di Cristo: “… questi (Gesù Cristo), dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati… Perché con un’unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che son santificati… Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni… E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità. Ora, dov’è remissione di queste cose, non c’è più luogo a offerta per il peccato” (Ebrei 10:12-18).

Continuando a leggere questo capitolo che tratta la storia della salvezza, si scopre che, per mezzo del sangue di Gesù, la via recente e vivente che conduce nel santuario celeste è stata liberata. Ciò che avvenne sul Golgota avvenne una volta per sempre ed è valido per tutti coloro che, tramite la fede in Gesù Cristo, ricevono il perdono dei loro peccati e la vita eterna. La Sacra Bibbia dice: “E come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola, per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a quelli che l’aspettano per la loro salvezza” (Ebrei 9:27-28). È chiaro che la credenza che Cristo si sacrifica quotidianamente milioni di volte non è biblica.

I concetti cattolici di «transustanziazione» e di «sacrificio della messa» attestano che le sostanze pane e vino vengono convertite realmente nel corpo e nel sangue di Cristo e offerti di volta in volta per essere l’uno mangiato e l’altro bevuto. Se ciò accadesse veramente, sarebbe terribile! Ma questo non accade, non è stato promesso e, nel Cristianesimo primitivo, nei primi secoli della fede cristiana, questa superstizione non esisteva. Come mai nel tabernacolo si trova soltanto l’ostia e non anche il vino? Come mai l’ostia viene data a tutti mentre il vino viene bevuto soltanto dal sacerdote? La campanella d’altare, l’esclamare «Santo, santo, santo», l’incenso, la genuflessione davanti al tabernacolo e l’adorazione fatta davanti ad esso, erano e sono cose totalmente estranee alla vera Chiesa di Gesù Cristo.

La Chiesa primitiva celebrava la Comunione nel modo più semplice; la si chiamava «rompere il pane» e aveva luogo qua e là nelle case. “Ed erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere” (Atti 2:42). Ciò che l’apostolo Paolo dice nella sua prima epistola ai Corinzi, nei capitoli dieci e undici, è molto importante: “Io parlo come a persone intelligenti; giudicate voi di quello che dico. Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è egli la comunione col sangue di Cristo? Il pane, che noi rompiamo, non è egli la comunione col corpo di Cristo? Siccome v’è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane” (1 Cor. 10:15-17). Che testimonianza chiara!

Ancora oggi la vera Chiesa di Cristo celebra la Cena del Signore così come è stata istituita e celebrata nella Chiesa primitiva: il pastore della comunità prende in mano il pane — un pane di farina di frumento cotto al forno, senza lievito, di grandezza variabile secondo il numero dei partecipanti — ringrazia Dio per esso e lo benedice nel Nome del Signore, gli anziani poi lo spezzano e lo porgono a tutti i partecipanti, che ne prendono un pezzo per uno, poiché l’intera Chiesa del Dio vivente forma il Corpo del Signore. Il pane rappresenta l’unità del Corpo, cioè della Chiesa di Cristo e, lo stesso pane rotto in pezzetti le singole membra, come viene espresso nella prima epistola di Paolo ai Corinzi: “Siccome v’è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane” (1 Cor. 10:17). Durante la Santa Cena, i veri credenti che appartengono al Corpo di Cristo, hanno una comunione particolare con il Signore che morì per noi quale Agnello di Dio e, anche gli uni con gli altri. Dopo la distribuzione del pane, anche il calice viene preso in mano e benedetto e, dopo aver ringraziato Dio per esso, distribuito a tutti. Secondo quanto espone l’apostolo, questo è il calice della benedizione e la comunione dei credenti. Questi credenti, crocifissi e risorti con Cristo, costituiscono la schiera dei riscattati tramite il Suo sangue.

Nel capitolo 11 della sua epistola ai Corinzi, l’apostolo Paolo accentua espressamente di aver ricevuto dal Signore stesso ciò che ci è stato trasmesso: “Poiché ho ricevuto dal Signore quello che anche v’ho trasmesso; cioè, che il Signor Gesù, nella notte che fu tradito, prese del pane; e dopo aver rese grazie, lo ruppe e disse: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me” (1 Cor. 11:23-24). È molto importante notare che non sta scritto soltanto: “Questo è il mio corpo…”, ma: “Questo è il mio corpo che è dato per voi…”. Col Suo corpo Egli è risorto e salito al cielo. Per avere piena chiarezza si deve considerare il maggior numero possibile di passi biblici che tratta questo tema; è importante capire che la vita divina si trovava sulla terra nel sangue divino. “In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini”. “E la testimonianza è questa: Iddio ci ha data la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. Chi ha il Figliuolo ha la vita; chi non ha il Figliuolo di Dio, non ha la vita” (Giov. 1:4; 1 Giov. 5:11-12).

Poiché la vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull’altare per far l’espiazione per le vostre persone; perché il sangue è quello che fa l’espiazione, mediante la vita. Perciò ho detto ai figliuoli d’Israele: Nessuno tra voi mangerà del sangue; neppure lo straniero che soggiorna fra voi mangerà del sangue” (Lev. 17:11-12). Non il sangue quale componente chimico, ma la vita di Dio esistente in esso doveva da ora in poi entrare in tutti i redenti riconciliati tramite il sangue. Simbolicamente doveva significare che chi partecipa al sangue versato prende in sé la vita contenuta in esso; in Cristo vi era la vita di Dio, dunque la Vita eterna. Questo è il pensiero dominante che viene trovato nella Sacra Bibbia, nella predicazione e alla Cena del Signore.

Nel versetto 12 troviamo il divieto di mangiare del sangue, divieto presente anche negli Atti degli apostoli: “…ma che si scriva loro di astenersi… dal sangue” (Atti 15:20, 29). Se il vino nel calice dovesse realmente essere convertito in sangue, i credenti agirebbero consapevolmente contro l’ordine di Dio. La Cena del Signore non è una conversione di sostanze, che esprimono come simboli visibili il senso e lo scopo divino, ma un’indicazione chiara che, tramite la fede nell’espiazione compiuta e nella redenzione, riceviamo la vita di Cristo. Anche per questo tema è necessaria la comprensione spirituale.

Il Redentore disse: “Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo… Come il vivente Padre mi ha mandato e io vivo a cagion del Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli a cagion di me” (Giov. 6:51, 57).

Per quanto concerne la cosiddetta transustanziazione, sarebbe bene che ciascuno leggesse il racconto del primo miracolo che Gesù operò a Cana di Galilea, riportato nel capitolo 2 dell’Evangelo di Giovanni. Egli cambiò l’acqua in vino, della cui ottima qualità il maestro di tavola era stupefatto e, il vino proveniente dall’acqua era addirittura migliore di quello servito prima. Le persone non bevvero acqua illudendosi di bere vino, bevvero vino genuino. Fino ad oggi, mangiando un’ostia, nessuno ha notato che questa era stata convertita in carne. Tutto questo non è soltanto un culto mistico?

Il pane simboleggia sia il corpo di Cristo offerto in sacrificio, sia la Sua Chiesa, che è il Suo Corpo, come risulta dalla prima epistola ai Corinzi, capitolo 10, dal versetto 15 al versetto 17. L’accento è posto su quanto segue: “Fate questo in memoria di me. Parimente, dopo aver cenato, (Gesù) prese anche il calice, dicendo: Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me” (1 Cor. 11:24-25). Chi mangia il pane sente il sapore del pane, chi beve il vino sente il gusto del vino, ecco la pura verità. Il Signore è risuscitato corporalmente ed è salito al cielo e, qui sulla terra nessuno può convertire un pane nel Suo corpo. Non è la conversione in corpo e sangue, cioè cose materiali, che dobbiamo ricevere in noi, ma la vita divina che era nell’Agnello di Dio: “… ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto, egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome” (Giov. 1:12). Questo non può essere detto più chiaramente.

Il calice simboleggia il Nuovo Patto divenuto valido tramite il sangue dell’Agnello del sacrificio. Non sono il pane e il vino che devono essere convertiti ed essere fatti Cristo, ma è il vecchio uomo che deve essere convertito e cambiato in un nuovo uomo per mezzo della redenzione tramite la Parola, il sangue e lo Spirito del Signore. Chiunque ha sperimentato biblicamente Dio può prendere parte alla Cena del Signore in modo giusto. La Cena commemorativa del Signore serve a mantenere vivo il ricordo dell’opera della salvezza fino alla fine del tempo della grazia. “Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finch’egli venga” (1 Cor. 11:26). Si noti bene che non sta scritto: “Poiché ogni volta che voi mangiate questa carne…”, ma: “Poiché ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice…”. Solo ciò che viene versato nel calice può essere bevuto. La pratica della Chiesa romana si trova al di fuori della volontà divina e della Parola di Dio. La controversia intorno ai concetti «ciò significa» o «ciò è» non era necessaria. Il filosofare è fuori posto; anche questo tema deve essere visto, trattato e compreso dal punto di vista divino.

 


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